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E SE L’AMORE FOSSE UNA QUESTIONE DI NEURONI? LA BIOLOGIA SVELA I SEGRETI DEL CUORE

Quanti film e libri abbiamo guardato e letto, sperando di vivere anche noi l’amore perfetto. Fatto di passioni, pulsioni, desideri, follia e anche un po’ di dolore. Eppure l’innamoramento è ben diverso da come ce lo hanno sempre raccontato e come abbiamo sempre voluto che fosse. E’, più semplicemente, un mix di neuroni, ormoni e amore.

Forse è anche per questa ragione che la biologia non è così allettante: spoglia le storie dalle illusioni e cerca di spiegare con le metriche, anche ciò che vorremmo invece lasciare mistero. Eppure ci aiuta a portare consapevolezza su ciò che accade dentro di noi.

NEURONI, ORMONI E AMORE

Tre ingredienti, neuroni, ormoni e amore che vanno a braccetto. Non a caso l’amore nasce, cresce e muore nei neuroni, le cellule del cervello. E se gli ormoni rappresentano ciò che avviene a livello fisiologico, l’amore è ciò che accade nella mente. Processi entrambi che avvengono nel cervello.

L’amore e l’innamoramento sono due aspetti basilari della nostra esistenza, senza i quali non avremmo forse nemmeno la percezione di miglioramento, cambiamento personale e soprattutto di soddisfazione ed esaltazione che l’essere innamorati regala.

I MODI DELL’AMORE

Gli studi di neurofisiologia, che hanno indagato il processo dell’innamoramento e il suo passaggio all’amore, ci dimostrano però che possiamo essere innamorati in due modi: sottocorticale, di basso livello e istintualità, e corticale superiore, di alto livello.

Ognuno di noi ha sperimentato che nella fase iniziale dell’innamoramento la persona verso la quale nutriamo questo sentimento viene concepita come un possesso, qualcosa che ci appartiene personalmente, senza la quale ci sembra di non poter vivere. Questo tipo di innamoramento è quello istintuale, basato sull’idea di occupare lo spazio e il territorio del nostro partner per introdurlo all’interno della nostra gelosia.

Fortunatamente, però, è possibile passare all’amore, abbandonare questo innamoramento animale, instaurando un nuovo tipo di attaccamento. Un attaccamento che i neurofisiologi definiscono di tipo corticale superiore: in cui diventa preponderante l’azione della corteccia prefrontale in rapporto con il sistema limbico, che organizza le nostre emozioni. La corteccia prefrontale è quella parte del cervello connessa con tutte le altre parti della corteccia.

Uno dei ruoli fondamentali della corteccia prefrontale è stimolare la concentrazione su se stessi, favorendo così l’eliminazione di tutte quelle emozioni negative, come l’invidia, la gelosia, il possesso, l’aggressività.

Ormoni e amore si ricongiungono dando come risultato questa sensazione di non poter vivere senza l’altro, come quando si è più piccoli e non si può fare a meno dei genitori e degli adulti in generale. Gli ormoni coinvolti nell’attaccamento sono l’ossitocina e la vasopressina.

L’ossitocina viene secreta durante l’allattamento e l’orgasmo. La vasopressina dopo un rapporto sessuale, generando una sensazione di attaccamento all’altro. E’ per questo che si dice che quanto più sia sessualmente attiva una coppia, più forte sarà il vincolo. Ormoni e amore costituiscono le fondamenta di una relazione duratura.

BIOLOGIA E SCELTA DEL PARTNER

In questo ambito, la scienza si divide, non a caso i motivi che incidono sulla scelta sono controversi. Mentre alcune correnti sostengono che questa sia direttamente associata a fattori inconsapevoli; altri che è uno dei classici esempi della combinazione fra ormoni e amore.

Per chi ritiene che la scelta del partner sia determinata dalla combinazione fra ormoni e amore, l’elemento determinante in questa scelta sono i geni. Ognuno di noi sceglie colui o colei che ha il patrimonio genetico migliore. E’ una scelta istintiva, proprio perché non abbiamo a disposizione una mappa genetica quando decidiamo di stare insieme a una persona..

L’attrazione, o meno, viene percepita in un lasso di tempo che va dai 3 ai 4 minuti. Su questo non influisce né l’oratoria, né i vestiti di marca, né la macchina. I feromoni sono l’elemento determinante. Coscientemente sono impercettibili, eppure i nostri primordiali meccanismi di percezione ne sono sensibili. Ci parlano di sesso e fecondità, e incidono sull’attrazione e sull’innamoramento.

Le neuroscienze ci rivelano anche che durante la fase dell’innamoramento ormoni e amore subiscono uno stato di esaltazione molto elevato: vi è una maggiore produzione di monoammine nel cervello. In particolare di norepinefrina, dopamina e serotonina. Ciascuna di esse genera diverse reazioni e induce a determinati comportamenti.

NOREPINEFRINA

Fa sentire le farfalle nello stomaco. Si tratta di un’emozione forte, nella quale si mescolano gioia e nervosismo. Una sensazione simile a quando ci lanciamo con il paracadute.

DOPAMINA

Genera una sensazione di benessere e potere. È l’ormone responsabile dell’inizio dello sviluppo dell’attaccamento. E da esso dipende anche che l’amore sfoci in dipendenza.

SEROTONINA

Ci fa sentire entusiasti ed esultanti. Pazzi di gioia. Genera sensazioni molto piacevoli.

Ormoni e amore vanno sempre di pari passo. Questo non significa, però, che tutto possa essere spiegato in termini fisiologici.

PERCHE’ SOFFRIAMO PER AMORE?

Se l’innamoramento è una questione chimica, perché dunque soffriamo quando veniamo lasciati?

L’antropologa Helen Fisher ha studiato il cervello degli innamorati, utilizzando la risonanza magnetica funzionale. E ha scoperto che l’amore romantico è una dipendenza. Perfetta, meravigliosa, quando è reciproca. Quando va male, diciamo: ho preso una scottatura. Ed è realmente così. Nella mente si attiva la stessa area che reagisce a un dolore fisico, tipo una scottatura.

Quando invece qualcuno ci spezza il cuore, il cuore va incontro a spasmo acuto. Per lo psicologo Angelo Compare, il cuore infranto è una verità scientifica. I sintomi sono come quelli dell’infarto del miocardio. Il dolore al centro del petto è forte, dura a lungo, vengono anche sudori freddi, nausea e vomito.

Eppure innamorarsi rimane sempre una gran bella cosa. Chi non ha adorato quello

stato di alterazione della mente che corrisponde al far follie: non senti il dolore, accetti sfide impossibili, perdi lucidità. Dura al massimo da otto mesi a tre anni L’amore comincia con la sensazione di essere capiti e sostenuti. La persona che ami raggiunge le nostre parti più desolate. Troviamo divertenti le sue battute, odiamo le stesse persone, vogliamo dormire abbracciati, invecchiare insieme. E non è possibile. Nessuno capisce del tutto nessuno. Non a caso c’è chi sostiene che scegliere qualcuno da amare è solo una questione di decidere quale tipo di sofferenza siamo disposti a sopportare.

Le neuroscienze e la biologia ci aiutano a fare chiarezza ma è pur vero che possiamo conoscere tutti gli ingredienti di una torta alla crema, però mangiarla resta sempre un’esperienza meravigliosa.

GELOSO DA MORIRE. LA SINDROME CHE TRASFORMA L’AMORE IN MALATTIA

E’ sera inoltrata. Solo in casa, inganni il sonno navigando sui social, leggendo distratto notizie qua e là, quasi senza meta. All’improvviso qualcosa ti costringe a spulciare la timeline di Facebook del partner, con una precisione certosina da far impallidire un analista dei servizi segreti. E ti tormenti analizzando le foto in cui la lei/lui di turno sorride in mezzo agli amici, e ti chiedi ragione di ogni post i cui like fioccano come la neve a gennaio. Tutto è un indizio, pugnalate lievi ma precise nella pelle martoriata dalla gelosia.

La gelosia, quella dannata sensazione così difficile da esprimere a parole, ma dalle emozioni definite e chiare… La cartina di tornasole di tanti patimenti e inganni, con cui poeti, cantanti e scrittori hanno fatto fortuna.

Un po’ di gelosia è sana e anche utile, ben diversa è quella patologica e nello specifico quella nota come sindrome di Otello, dal dramma di Shakespeare Otello, il moro di Venezia, dove il personaggio uccide la moglie perché convinto della sua infedeltà.

QUANDO LA GELOSIA DIVENTA MALATTIA

La psicoterapeutica alla Goldsmiths University di Londra, Windy Drydon, sostiene che i disturbi legati alla gelosia patologica portino le persone a vedere una realtà distorta dove la relazione è ambigua e nasconde un tradimento mirato esclusivamente a provocare dolore e a sconfiggere l’autostima.

Si può chiamare anche gelosia morbosa e colpisce moltissime persone, donne e uomini, di tutte le culture e ceti sociali. “A volte a scatenare la gelosia morbosa è un semplice atteggiamento gentile del partner nei confronti del sesso opposto, e talvolta, anche quando rivolto allo stesso sesso. Nei casi più estremi, si arriva a uccidere il proprio partner per poi suicidarsi”. Ecco svelato il perché del riferimento alla famosa opera di Shakespeare.

Il mondo digitale e dei social network non è un toccasana per le patologie come la Sindrome di Otello, in quanto l’essere a continuo contatto con le immagini della vita altrui ci fa sentire in perenne confronto con gli altri e di conseguenza gelosi. Secondo un’analisi di Scope, una charity dedicata alle disabilità sociali, il 62% degli utenti online si sentirebbe inadeguato e svilupperebbe forme di gelosia estreme a causa del web.

Spesso la Sindrome di Otello ha i suoi primi sintomi proprio nel mondo digitale: si comincia con l’ossessione da social network, quando si controllano nervosamente le pagine Facebook, Twitter, Instagram del partner per trovare atteggiamenti sospetti che denuncino un tradimento o una mancanza di rispetto.

COME NASCE LA GELOSIA

Non è un’emozione primaria come rabbia, vergogna o tristezza, bensì qualcosa di più complesso che richiede un’elaborazione più articolata. La gelosia è un sentimento fatto di ansia e incertezza, e la diretta conseguenza può essere la rabbia verso chi sia più considerato dalla persona amata, ma anche verso la stessa persona amata. Molti psicologi e psichiatri sono d’accordo nel sostenere che nella gelosia morbosa prevale la dimensione ansiosa e di insicurezza: quando cioè il geloso si sente inadeguato rispetto il partner. La gelosia si avvicina al vissuto della rabbia e dell’odio, invece, quando la sensazione è quella di patire un torto, un tradimento, di essere parte lesa. E’ quindi spesso associata a tratti quali la moralità, la rigidità valoriale, una visione del mondo dicotomica, semplicistica e riduzionistica ma totalizzante. Ha molto a che fare con il bisogno di primeggiare, di essere il numero uno nei pensieri e nei desideri di qualcuno.

Esistono varie sfumature che la gelosia assume nel diventare sindrome di Otello. C’è chi la vive in un contesto di sadismo e possessività, dove la persona amata diventa un oggetto an-empatico, dove addirittura il piacere è dato dalla sofferenza dell’altro. C’è chi la vive in modo delirante, in cui, a fronte di un’inconsistenza di prove, la persona gelosa è assolutamente convinta del tradimento. Non si tratta solo di attimi di irrazionalità, ma di veri e propri pensieri strutturati in cui c’è la convinzione di essere traditi. Queste forme sono rare e appartengono alla psicopatologia.

Il caso psichiatrico più grave di gelosia delirante pare essere quello dell’erotomania: la convinzione di essere amato e poter dunque vantare diritti su una persona che spesso nemmeno si conosce, dove si delinea un percorso emotivo che va dalla speranza fino al rancore, passando attraverso il dispetto.

CHI SONO I GELOSI MORBOSI?

La cronaca nera riporta spesso raptus vissuti da profili identificabili in situazioni note. Più del 60% dei casi infatti riguarda coppie sposate, mentre oltre l’85% delle volte è l’uomo a uccidere. Il quadro professionale degli autori dei delitti è quello medio-basso, con un’alta presenza di disoccupati, con un’età che varia dai 31 ai 51 anni. Il delinquente passionale è una persona che si caratterizza per un attaccamento con la figura materna, fatto di paura di non essere accudito, di ansia per la mancanza di protezione, con conseguente desiderio di un’amore-fusionale, una sorta di fissazione che impedisce la realizzazione di un amore maturo.

GELOSIA E CERVELLO

La gelosia delirante a cui sono associati comportamenti aggressivi come lo stalking, il suicidio o l’omicidio sarebbe legata ad uno squilibrio di una specifica area del cervello. È il risultato di uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa, pubblicato sulla rivista «Cns – Spectrums» della Cambridge University Press.

Secondo gli autori, le radici neuronali della sindrome di Otello si troverebbero nella corteccia frontale ventro-mediale, un’area del cervello che sovrintende complessi processi cognitivi e affettivi.

Se la gelosia è un sentimento del tutto naturale, il punto è individuare lo squilibrio biochimico che trasforma questo sentimento in un’ossessione pericolosa. Pensare che la relazione con la persona amata sia l’unica cosa importante della propria vita, interpretare erroneamente i comportamenti e i sentimenti del partner e percepire la sua perdita come una totale catastrofe sono ad esempio sintomi che alla fine possono portare a comportamenti aggressivi ed estremi. «La speranza – spiegano gli autori dello studio – è che una maggiore conoscenza dei circuiti cerebrali e delle alterazioni biochimiche che sottendono i vari aspetti della gelosia delirante, possa aiutare ad arrivare ad un’identificazione precoce dei soggetti a rischio».

COME RICONOSCERE LA SINDROME DI OTELLO

Alcuni aspetti che caratterizzano la sindrome:

  • Incorporazione di una terza parte immaginaria nella relazione della coppia.
  • Il soggetto non sa come controllare la sua gelosia perché non è consapevole del suo problema.
  • È costantemente vigile e vigile con le abitudini del suo partner.
  • Percezione errata degli eventi quotidiani della coppia, legati alla gelosia. Cerca sempre la giustificazione una situazione di inganno.
  • Impossibilità di controllare impulsi, pensieri, false percezioni autoimposte.

COME COMPORTARSI CON UN POTENZIALE OTELLO

Sempre secondo gli studi condotti dalla Drydon, coloro che hanno una relazione con chi soffre di questa patologia dovrebbero non eccessivamente rassicurare il partner. Piuttosto rivolgersi al partner geloso con affermazioni come “Ti amo, ma non risponderò a questa domanda“, perché la continua ostentazione di rassicurazione farebbe più male che bene al soggetto morbosamente geloso. “I gelosi ossessivi devono far fronte alla loro paura che non ci si può fidare di nessuno e capire con le loro forze che la radice di quella gelosia morbosa è patologica e quindi non fondata sulla realtà“. La Sindrome di Otello infatti porta a paranoia e mania del controllo sugli altri, atteggiamenti decisamente nocivi per la coppia e per lo stesso individuo.

Stando agli psicologi, non esiste una vera e propria cura per la Sindrome di Otello, ma ciò che può essere fatto per sfuggire alle grinfie del personaggio Shakespeariano è anzitutto riconoscere di essere dei gelosi morbosi. Molto spesso la gelosia morbosa porta all’impossibilità di godersi il tempo con se stessi e con gli altri, per esempio guardare un film o ascoltare la musica, perché le scene dei film e le parole delle canzoni fanno personalizzare il soggetto nelle situazioni amorose e causano depressione, ansia, panico, paranoia. Parlare di questo disturbo senza filtri però si può ed è molto più comune di quello che pensiamo.

Il consiglio migliore è comunque sempre quello di rivolgersi a uno specialista.